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Rubrica di Biblioterapia


Benvenuti a tutti voi, che spesso cercate le risposte alle vostre domande, tra le altre cose, anche fra le pagine di un libro… e molte volte le trovate!

Si perché si sa che l’esperienza è certamente maestra di vita, ma anche nei libri si trova tanto da imparare e spunti di crescita e riflessione. Molto spesso i libri ci forniscono conforto, illuminazioni, le chiavi di volta per comprendere come ci sentiamo o casa ci sta accadendo, e ancora, consigli, supporto, affetto.

Come psicoterapeuta spesso nel mio lavoro mi avvalgo dell’appoggio della biblioterapia (ovvero utilizzo dei libri e letture mirate come tecnica integrata nel percorso terapeutico, con diversi obiettivi per la cura del paziente), con tante soddisfazioni devo dire. E considerando che dopo la psicologia, la lettura è l’altra mia grande passione, ho pensato di unire queste due grandi e potenti arti al servizio del benessere, creando una Rubrica.

Nella Rubrica di Biblioterapia affronterò una volta al mese la brevissima dissertazione di un libro che consiglio rispetto ad una determinata tematica. Ovviamente un libro che secondo me potrebbe essere utile, ma lasciamo sempre la porta aperta a qualunque altro suggerimento ci venga in aiuto! Ogni testo può essere utile, adatto, giusto per noi nel momento in cui lo scegliamo, o quando lui sceglie noi chissà…


Robin Norwood, “Donne che amano troppo”. La dipendenza affettiva.

Oggi voglio affrontare con voi la tematica della dipendenza affettiva. E questo piccolo libro della Norwood, che ormai ha più di 30 anni, affronta ancora con molta attualità la tematica in questione.

La dipendenza affettiva, oggi anche chiamata “love addiction”, è uno stato affettivo che, contrariamente a quanto si può pensare, ha ben poco a che fare con l’amore e che spesso porta alla distruzione della relazione e degli attori coinvolti in essa. Tutti noi abbiamo probabilmente sofferto per amore almeno una volta nella vita, o siamo rimasti imbrigliati in relazioni difficili, ma la dipendenza d’amore è una problematica ben diversa, che come detto mina pericolosamente il nostro benessere, andiamo a vedere di cosa si tratta.

La dipendenza affettiva, è bene dirlo, non è mai stata classificata come disturbo in nessun manuale diagnostico dei disturbi mentali ad oggi, ma potrebbe essere connotata come una disfunzionalità nella relazione e nel rapporto di coppia.

Il termine “dipendenza” ci appartiene in quanto specie umana, infatti si riferisce secondo molti Autori, ad una caratteristica psicobiologica per la quale l’essere umano necessita di una controparte per esistere, per crescere e definirsi. La dipendenza tra esseri umani è dunque naturale, biologica, necessaria e da questo potrebbe trarre origine (in maniera distorta) anche la dipendenza affettiva.

Inoltre il legame di dipendenza affettiva sembrerebbe anche favorito (proprio come nelle tossicodipendenze dalla droga) da “droghe naturali” prodotte dall’organismo che provocano piacere, quindi quando il legame manca c’è una “crisi di astinenza”. Questo se vogliamo è un primo aspetto che connota la dipendenza, l’altro è il tempo, ovvero il tempo e lo spazio che nella vita dedichiamo alla dipendenza e questo distingue anche le dipendenze sane dalle insane. La dipendenza infatti diventa insana quando il tempo dedicato all’oggetto d’amore è totale e mi aliena da tutto il resto.

Detto questo, come possiamo riconoscere l’amore dipendente? Quello che ci fa star male, che ci assoggetta ad emozioni distruttive? Che caratteristiche hanno le relazioni connotate da dipendenza affettiva? Sicuramente potremmo evidenziare alcune grandi caratteristiche tipiche dell’amore dipendente, ovvero:

  • è ossessivo e assorbe sempre di più gli spazi e momenti di vita della persona;

  • vi è sacrificio, disponibilità e dedizione totale al partner;

  • c’è la paura del possibile abbandono;

  • c’è spesso una fragile autostima del dipendente;

Da studi epidemiologici sembrerebbe che la dipendenza sia soprattutto prerogativa della popolazione femminile in molti paesi del mondo.

Ma quali sono le cause che portano un uomo o una donna ad ammalarsi “d’amore dipendente”? non c’è una risposta univoca a questa domanda, ognuno di noi è un individuo unico con i suoi vissuti e la sua storia, tuttavia, tale dipendenza sembrerebbe osservarsi con altissima frequenza in persone che hanno un vissuto di abusi, carenze affettive, maltrattamenti, o trascuratezza nei bisogni emotivi e di sicurezza. Il forte bisogno di sicurezza porterebbe al bisogno di controllare ossessivamente la relazione e il partner nel terrore di essere abbandonati. E in effetti la dimensione dell’assenza e della mancanza è fondamentale nella dipendenza affettiva, poiché si diventa dipendenti non dalla persona ma dalla mancanza di essa! Proprio come un neonato che non vede riconosciuti i suoi bisogni emotivi nella madre diviene dipendente non da essa ma dall’assenza di essa. Da adulti si dipenderà dal vuoto che si percepisce nell’assenza. Le relazioni che potrebbero essere riproposte hanno questo copione divengono prevedibili.

Consapevolizzare in noi alcuni vissuti, i nostri bisogni e le nostre emozioni può aiutarci a conoscere qualcosa in più di noi stessi, e del nostro modo di stare in relazione con l’altro. Mi piace ricordare, per gettare il seme della riflessione, che le dipendenze (tutte le dipendenze in generale) sono perfette e prevedibili, mentre le relazioni no, sono imprevedibili! Per cui se le dipendenze ci offrono prevedibilità ed è quello che ci accorgiamo di cercare, è possibile che abbiano a che fare con un’emozione che noi non riusciamo a regolare funzionalmente. E quindi ci fa male. Consapevolizzarci rispetto a questo potrebbe essere il primo passo per accettare di essere in difficoltà e chiedere aiuto per la guarigione. La psicoterapia è in questi casi il trattamento d’elezione, sia in setting individuale che di gruppo. Gruppi di terapia sulle dipendenze affettive sono molto efficaci per guarire dal dolore ed uscire dalla disfunzionalitá.

Ma tornando ora al libro “DONNE CHE AMANO TROPPO”, e premettendo che in questi casi si consiglia sempre una buona psicoterapia, vediamo perché è utile anche leggere questo libro! Innanzitutto perché non è un libro solo per “addetti ai lavori”, anzi l’Autrice (psicoterapeuta), raccoglie diversi casi clinici di donne dipendenti affettivamente e ne narra le storie senza snaturarle dalla loro umanità. Racconta fatti umani, di persone, nelle quali possiamo ritrovarci anche noi, persone come noi, Trudi, Jill, Melanie, Celeste (tutti nomi di fantasia), imbrigliate in relazioni difficili e in rapporti distruttivi e dolorosi. La Norwood affronta attraverso queste storie l’amore che fa male, la dipendenza, la prigione della paura dell’abbandono, il sacrificio di votarsi ad amare troppo, cercando di svelare quali siano i meccanismi di questo gioco patologico e indicando la possibile via di guarigione e liberazione. Leggendo il libro si sperimenta con commozione la sensazione di non essere soli, e si può iniziare a riconoscere ed osservare il problema da un altro punto di vista. Buona lettura!

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